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Le cinque Madri


Qual è la grande responsabilità che ogni madre ha nei confronti dei propri figli?
In ambito spirituale qualsiasi aggettivo relativo a tale responsabilità è sostanzialmente fuori luogo, in quanto quello che davvero conta è la consapevolezza del proprio compito.

È vero che anche il figlio deve avere un comportamento nei confronti della propria madre che rifletta lo stesso amore e lo stesso spirito di sacrificio con cui lo ha cresciuto. Ma questo viene in seconda battuta. La prima battuta spetta a lei, la madre. Lei deve essere conscia che è la prima delle cinque Madri che ogni essere umano ha e ogni essere umano deve essere conscio delle sue cinque Madri.

Madre e figlio, da un punto di vista spirituale, sono meri ruoli. Quello che va riconosciuto è che ognuno di noi vive grazie a cinque Madri, cinque sorgenti di vita e di sostegno, che meritano rispetto, gratitudine e venerazione. Esse non sono soltanto simboli, ma realtà concrete che ci accompagnano lungo tutto il cammino dal concreto all’astratto, dal particolare all’universale.

◾ Deha Mata – la madre della nascita.
La prima Madre è colei che ci ha donato il corpo e introdotto nella vita. Dalle sue mani abbiamo ricevuto il primo nutrimento, dal suo sguardo la prima certezza d’amore. In lei si concentrano responsabilità e grazia, poiché attraverso il suo insegnamento il cuore del figlio può aprirsi o meno all’universalità. A lei spetta anche un compito altamente sacro: rivelare al figlio le altre Madri, trasmettere la coscienza di tutte le fonti di vita.

◾ Go Mata – la mucca nutrice.
La seconda Madre è la mucca, simbolo della prosperità, della non violenza e della purezza. È la fonte di vita e sostentamento. Il suo valore non è solo materiale, ma anche religioso e morale.

◾ Bhu Mata – la Madre Terra
La terza Madre è la Terra, che accoglie i semi e li trasforma in frutti. In silenzio porta peso e fatica, in silenzio genera abbondanza e bellezza. Onorarla significa riconoscere che ogni nostro passo poggia su un suolo sacro. Bhu Mata, o Bhumi Devi, è la personificazione della Terra, simbolo di fertilità, stabilità, nutrimento e pazienza.

◾ Desha Mata – la Madrepatria, o terra natia.
La quarta Madre è la Patria, il luogo che ci offre protezione, possibilità di crescere e il dovere di servire. Madre Terra della Nazione. Il rispetto per la propria terra non è solo politico o culturale, ma anche spirituale. Proteggere la Patria è visto come dharma, un dovere sacro. Questa Madre insegna il rispetto per la Nazione, il senso di appartenenza, il dovere di proteggere l’unità, la cultura e l’integrità del Paese.

◾ Veda Mata – la Madre del Sacro Sapere
La quinta Madre è il tesoro spirituale dei Veda, la conoscenza nutriente e generativa che illumina e guida. Essa svela il senso della vita e apre il cammino verso la realizzazione del Sé. I Veda – che sono la Voce stessa del Divino – danno la conoscenza che conduce alla liberazione.

Afferma Bhagawan nel Suo Discorso Divino del 22 Luglio 1968:

Ognuno deve rispettare le proprie cinque Madri:
  • Deha Mata – la madre che vi ha dato la nascita;[/*]
  • Go Mata – la mucca che dona il latte nutriente;[/*]
  • Bhu Mata – la terra che fa crescere le colture;[/*]
  • Desha Mata – la Patria, o Madrepatria, che offre protezione, cura, amore, diritti e opportunità di servire ed elevarsi a grandi altezze; e[/*]
  • Veda Mata – il tesoro spirituale che rivela lo scopo della vita e vi conduce alla Realizzazione del Sè.[/*]

Deha Mata, la madre che vi ha dato la nascita, deve rivelare al figlio le Glorie di tutte le altre; la sua responsabilità è dunque la più grande e la più cruciale.

Sì, è la più grande e la più cruciale delle responsabilità, perché i figli crescono e saranno loro a dover portare avanti il Paese e trasmettere tali insegnamenti ai loro figli.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Una cura in quattro rimedi


Iniziò a studiare filosofia da ragazzino. All'epoca, siamo nella Grecia del IV-III secolo a.C., il termine filosofia era pregno di un significato profondo, di un impegno verso sé stessi e la società, intesa come qualcosa che supera le barriere spazio-temporali. Oggi questo significato, questo senso di impegno-dovere, si è impoverito e decurtato. Non è più considerato essenziale. La filosofia oggi, salvo rare eccezioni, è un termine che si è svuotato del suo intrinseco valore.

Da allora ad oggi in comune resta solo il mero retaggio formale del termine: amore per la sapienza, o amore per la saggezza. Nel mezzo, secolo dopo secolo, il termine di derivazione greca (ϕιλοσοϕία) perse il suo tratto distintivo, rimpiazzandolo con surrogati che avallassero le varie ideologie che le impellenti contingenze politiche e militari partorivano nell'intento di assicurarsi i loro obiettivi economici e territoriali.

Non si può spiegare a parole l'anima di certi termine. Questa anima può essere intuita solamente frequentando chi vive in simbiosi con essa, chi e si prefigge di scoprirla senza risparmiarsi. Non ci sono alternative, che non siano, appunto, svilenti surrogati.

Epicuro, importante filosofo greco (341 a.C. - 270 a.C), iniziò a studiare filosofia e a viverla dall'età di 14 anni. A suo dire, lo scopo della vita è il raggiungimento della felicità, la quale si ottiene attraverso il piacere - definito come assenza di dolore fisico (aponia), o edonismo non sfrenato - e l'assenza di turbamento dell'anima (atarassia), ovvero, l'indifferente serenità del saggio che, raggiunto il dominio sulle proprie passioni, è imperturbabile di fronte alle vicende del mondo.

Epicuro classificò i desideri in tre categorie:

- naturali, come il cibo, l'acqua, e un rifugio;
- naturali ma non necessari, come il lusso o i piaceri raffinati;
- non naturali e non necessari, come il desiderio di potere o ricchezza.

Pertanto, il piacere - quale mezzo per raggiungere la felicità, scopo della vita - non consiste nell'accumulo di beni materiali o nel soddisfacimento illimitato dei desideri, bensì nella moderazione e nella saggezza.

Nella sua visione, la filosofia è uno strumento per liberare l'uomo dalle paure, come quella della morte e degli Dèi. Questo lo portò a suggerire una "cura in quattro rimedi", il famoso tetrafarmaco:

• Non temere gli Dèi.
• Non temere la morte.
• Il bene è facile da ottenere.
• Il male è facile da sopportare.

Analizzando questi punti, andando oltre la formale apparenza, lo spaccato che ne deriva è un insegnamento molto profondo, valido in ogni epoca e luogo.

Per garantirsi una vita felice, l'uomo dovrebbe soddisfare solo i desideri naturali e necessari. Questo implica che egli lavori su sé stesso, al fine di rimuovere le stratificazione dovute ai "luoghi comuni", che lo inganna e lo imprigiona; come ad esempio la riprova sociale.

A tale scopo, necessita di una "Stella Polare", la quale non può essere un'autorità, spesso priva di autorevolezza. É l'autorevolezza a dare luogo all'autorità, proprio come un fiore diffonde la fragranza. Quando l'autorità assume carattere impositivo perde l'autorevolezza. Non è il profumo a creare il fiore. Come conseguenza, la consapevolezza trasla dalla Luce all'ombra.

L'ombra, l'ignoranza, è figlia dell'ostacolo. Per rimuoverlo, un mezzo efficace, è l'auto-indagine, il guardarsi dentro. L'uomo deve interrogarsi profondamente sul perché ha paura degli Dèi, (l'oggetto della paura), e scoprire se in verità teme maggiormente i Loro "amministratori" (i creatori della paura).

Nella via spirituale la disciplina è l'autorità che, senza coercizione, instrada il praticante verso l'essenza, dall'ombra alla Luce. In tale tragitto, uno stadio fondamentale è il "filosofo-re", l'autorevole che, attraverso la saggezza e la virtù non imposta, ispira e guida gli altri: servizio altruistico.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


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Buon Ferragosto


Non rendete Dio moderno per adattarLo ai vostri capricci. Egli non è né antico né moderno; il Suo volto non cambia mai, né la Sua Gloria. PresentateLo, se proprio dovete, in maniera moderna, in uno stile moderno, affinché possa essere compreso oggi.

Sri Sathya Sai Baba


BUON FERRAGOSTO
dal team del PdG


L'importanza del soffermarsi


Molto spesso, quando non si ottiene quello che si desidera, ci si lamenta, si giudica e ci si arrabbia; a volte si cade anche in uno stato di ansia e depressione più o meno accentuata.

In quel momento, invece di abbandonarsi alle più svariate sfumature emotive, sarebbe preferibile provare a tenere salde le redini della mente e porsi una semplice domanda: Cosa mi aspetto da queste reazioni, da questo comportamento?


Soffermarsi sul perché della reazione emotiva è molto importante: evita situazioni spiacevoli, riduce il senso di inadeguatezza e di impotenza; inoltre alleggerisce il carico emotivo, quello che offusca la mente ed alimenta pensieri negativi.

Impegnarsi a soffermarsi è un buon esercizio di autocontrollo, riassume il famoso detto "prima di arrabbiarti conta fino a dieci, chiediti perché vorresti perdere la lucidità e poi ricomincia la procedura d'accapo".


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Non pregare per...


Non pregare perché l'acqua spenga il fuoco o perché il bene vinca sul male. Prega affinché tutti realizzino l'Unità.

— Insegnamento Zen —


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Dimenticando il Dio...



Dimenticando il Dio, che è a loro più vicino e intimo, le persone provano a cercare un Dio invisibile altrove.

-- Sathya Sai Baba


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Raksha Bandhan


Raksha Bandhan è una festività tradizionale indiana celebrata principalmente tra fratelli e sorelle. Simboleggia protezione, affetto e legame familiare. Il nome deriva dal sanscrito: raksha (protezione) e bandhan (legame o vincolo).

Durante la cerimonia, la sorella lega al polso del fratello un filo o braccialetto decorato chiamato rakhi, pregando per la sua salute e felicità. In cambio, il fratello promette di proteggerla e spesso le offre un dono.

Questa festività si celebra ogni anno nel mese di Shravana del calendario lunare hindu, che corrisponde solitamente ad Agosto secondo il calendario Gregoriano.

Sebbene la centralità del legame è tra fratelli e sorelle biologici, oggi, come in passato, può essere estesa anche ad amici o persone considerate come fratelli e sorelle "di cuore".

Le origini mitologiche del Raksha Bandhan derivano da varie leggende che popolano la tradizione hindu, ognuna delle quali mette in luce l'idea di protezione e affetto fraterno. Fra le tante, ne citiamo tre, quelle maggiormente famose.

Krishna e Draupadi
Secondo il Mahabharata, durante una battaglia, il Signore Krishna si ferì al dito. Draupadi, moglie dei Pandava, strappò un pezzo del suo sari e lo avvolse intorno alla ferita per fermare il sangue. Krishna, commosso dal gesto, promise di proteggerla in ogni circostanza. Più tardi, quando Draupadi venne umiliata pubblicamente, Krishna la salvò miracolosamente.

Indra e Indrani.
Nel Bhavishya Purana, il Dio Indra combatteva una guerra contro i demoni. Sua moglie Indrani preparò un raksha sutra (filo protettivo) e lo legò al polso del marito, conferendoGli forza e protezione. A seguito di questo gesto, Indra vinse la battaglia.

Rani Karnavati e l'imperatore Humayun.
In questo episodio storico popolare, Rani Karnavati del Rajasthan inviò una rakhi (braccialetto cerimoniale tipico del Raksha Bandhan) all'imperatore Mughal Humayun chiedendogli protezione contro un invasore. Humayun, rispettando il vincolo, marciò per difenderla, anche se arrivò troppo tardi per salvarla.

Queste leggende rappresentative sottolineano e contemplano due fondamentali aspetti: il legame - che "vive" se c'è una sorta di "dare" e "avere", o più precisamente un reciproco "donarsi" - e la volontà di occuparsi del benessere della controparte al meglio delle proprie possibilità. Ad un livello più profondo, quella che si definisce "controparte" altro non è che l'unità nella diversità.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Dio è Unità


Non siamo antisemita! Non odiamo nessuno per principio. Seguiamo l'insegnamento: odia il peccato, non il peccatore.

Però, concordiamo appieno, sebbene con meno foga, con il Mosè qui raffigurato.

Dio, se vuole, può certamente elevare un popolo al di sopra degli altri, tuttavia, non lo autorizzerebbe a sterminarne gli altri popoli, ad affamare e uccidere altri Suoi figli. Soprattutto, quando quel popolo che si mette a ferro e fuoco, da un punto di vista storico, ospita l'aggressore da svariati secoli. Dio, fra le varie cose, insegna pure la gratitudine.

Quando Mosè liberò il popolo Ebraico, fu risoluto, ma mai aggressivo. Mai mise sotto assedio l'Egitto, né lo maledisse.

Come suggerisce Bhagawan, preghiamo per il bene dell'intero universo, non per una sua frazione. Preghiamo per Amore della preghiera in sé.
Preghiamo in gruppo, in collettività, e chi può si unisca al canto comunitario del Gayatri Mantra.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Un uomo che...


Un uomo che non mette in pratica ciò che predica fa perdere tempo agli altri.

— Sri Sathya Sai Baba —


Sempre più persone cercano


Sempre più persone iniziano a condividere nei social frasi simili a quella nell'immagine.

Sono tutte persone che, pur brancolando nel buio e con tutte le difficoltà che ciò comporta, inesorabilmente si stanno avvicinando a Baba.

Saranno tutte persone che non accetteranno più né amministratori della Verità, né intermediari fra loro e la Verità.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


Il Nome e la Forma sono inseparabili


Il Guru non necessariamente viene in forma concreta; può sollecitare gli impulsi e le spinte superiori attraverso un amico, un libro o un evento che rivelano la realtà in un lampo. Dopo questo risveglio, il resto è per lo più nelle mani dell'aspirante. Il Guru può, al massimo, guardare e guidare.


FONTE: t.me/s/SriSathyaSaiGuru


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